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CLARETTA LUCCHI

                                                       Sul mare

               Mi addormentai ammaliata dalla musica, note fluide che si aprivano alla
               notte  tiepida.  Era  la  musica  del  mare:  mai  avrei  pensato  poter  vivere
               lontano  dal  bianco  frangersi  delle  onde.  Era  la  musica  del  vento,  che
               gonfiava le vele e le sagole sulle barche vibravano. Il sogno mi portava,
               andavo  nell’azzurro,  in  barca.  Le  grida  rauche  dei  gabbiani  mi
               risvegliarono.
























                                                       L’esame

               La  musica  ricominciava  con  uno  strano  personaggio  che  girovagava
               tranquillo da un lato all'altro del lungo corridoio dell'istituto di Anatomia.
               Era un clown su un monociclo, malevolo un sogghigno, e si burlava di me.
               Alla mia destra, dietro le vetrine di giganteschi armadi, teschi di malati di
               mente  e  di  criminali,  oscure  e  impenetrabili  le  orbite.  Nella  parete
               opposta,  diverse  porte  si  aprivano  su  grandi  aule  affollate  da  studenti.
               Nell’ultima,  mi  attendeva,  impaziente  e  severo,  un  docente  per
               esaminarmi, ma io scivolavo sul lucido pavimento a scacchi e mi ritrovavo
               ogni  volta  al  punto  di  partenza.  Una  avvilente  consapevolezza  di
               inettitudine mi impediva il risveglio.




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