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ANNA CIOTTI
                                                    Innamorarsi

               Mi addormentai, ammaliato dalla musica, note fluide che si aprivano alla
               notte tiepida.
               E l’amore venne a trovarmi, mentre vibrava il mio petto. Avvolgente, un
               sogno si stava impossessando di me.
               Una  ragazza  alta,  mora,  occhi…  come  brillanti  depositati  nei  fondali  più
               limpidi dell’oceano, labbra succosa ciliegia, dita lunghe, sottili, a  liberare
               melodie divine.
               Batticuore intenso, sussulto, emozione.
               L’amore ora percuoteva il mio cuore … fino ad amare.
               E mi svegliai, innamorato di un sogno.


                                                    Fratello mio

               La  musica  ricominciava  con  uno  strano  personaggio  che  vagabondava
               tranquillo da un capo all’altro del prato. Chi era?
               Quella sera mi ero addormentata leggendo… proverò a ricordare.
               In sottofondo il rumore della natura: fruscio di alberi, le voci degli uccelli,
               le cicale e il loro sonoro frinire.
               Indugiavo, nel prato: Antonio mi raggiungeva.
               Inattesa  e  singolare  fu  la  sua  proposta  di  visitare  una  vecchia  casa  per
               abitarvi tutti, assieme.
               Era una situazione reale o uno strano sogno? Aprii gli occhi, li richiusi: lui
               era con me.
               Ora varcammo la soglia e tornai indietro nel tempo, io e Antonio bambini,
               in  tumulto,  all’idea  di  acquistare  quella  casa  e  tenervi  i  nostri  ricordi,
               ordinarli e renderli ricchi di futuro.
               Dalla finestra aperta osservavo decine di unicorni bianchi, eleganti, soavi
               e, lo strano personaggio vagabondo
               Con Ermanno, mio marito, avevamo appuntamento per una visita ad una
               casa in vendita. Io già la conoscevo.


                                                        Il falco

               In lontananza scorgevo la cancellata, piatta, gialla, nel prato erba tenera
               di primavera.
               Mia  madre  era  arrivata  dall’Africa,  in  una  tiepida  sera  di  marzo,  il  sole
               calava.
               Ogni anno tornava ad occupare lo stesso sito: sotto le tegole di una casa
               di sassi nidificava.
               Un mese: qualcuno mi accudisce con grilli e cavallette.
               Mi liscio le penne rosso mattone, scure le estremità, chiare e macchiate di
               nero, deboli ancora e vani i miei tentativi di volo.



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