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MARIALUISA CAPITANIO
Nonna
In lontananza scorgevo la cancellata, piatta, gialla, nel prato erba tenera
di primavera. Il sole era alto nel cielo: quasi mezzogiorno. Accelerai il
passo. Tra poco Sara sarebbe uscita da scuola e le avevo promesso un
pomeriggio al parco. Nel viale passavano poche macchine tra villette a
due piani quasi uguali: giardinetto, rose rampicanti e piccole aiole fiorite.
L’edificio, parallelepipedo rosso mattone, era vicino, già si leggeva la
lucida targa all’ingresso, accanto al profilo stilizzato di una chiesetta con il
campanile appuntito, in riva al fiume. A fianco, tra un noce e cinque alti
pioppi, un ginko biloba si allargava con le sue foglie a ventaglio. Un
picchio fece capolino dalla corteccia di un pioppo, poi riprese tenace il suo
ritmico ticchettio. Arrivò una signora ad aprire il cancello e, allo squillo
della campanella, voci vivaci invasero l’aria. Sara mi corse incontro e mi
prese con la sua mano piccina.
Profumi
Mi addormentai, ammaliato dalla musica, note fluide che si aprivano nella
notte tiepida. Candidi petali fluttuavano nell’aria profumata di gelsomino,
dolci fantasmi tornavano leggeri ad accarezzarmi. Mia madre mi venne
incontro sorridente, mi prese per mano e ci incamminammo verso un lago
punteggiato di ninfee rosa. Poi andammo oltre. Sul prato l’erba tenera ci
accarezzava le caviglie. La musica la udivo lontana, sempre più flebile,
fino al silenzio. Mia madre mi baciò sulla fronte e svanì. Aprii gli occhi
nella penombra. Dalla finestra aperta, il profumo dei bianchi fiori notturni,
a cullarmi ancora per poco, nella magia del sogno.
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