Page 20 - Corso-B-Nasti-racconti
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EMANUELA SISTO

                                                        Rocker



                                                                                Mi        addormentai
                                                                                ammaliato           dalla
                                                                                musica,  note  fluide
                                                                                che  si  aprivano  alla
                                                                                notte           tiepida:
                                                                                scivolavano  su  prati
                                                                                setosi di armonia o si
                                                                                        arrampicavano
                                                                                impervie,  picco  in
                                                                                continuo  saliscendi,
                                                                                planavano         infine,
                                                                                docili,     nell’azzurra
                                                                                tranquillità  del  cielo
                                                                                ancora chiaro.
               Poi, suoni improvvisi, duri, inceppati; voci roche di anime blues; il liquido
               caldo  di  un  sax  che  accarezzava  il  buio  con  irrompente  il  lamento
               lancinante di una chitarra…
               Phil socchiuse  le palpebre: sprofondato nella nuvola  di  fumo, respirava
               tutta  la  musica  della  sua  vita.  Gli  occhi  da  vecchio  rocker  guizzavano
               come laser e fasci di luce imprigionavano i ricordi.



                                                  Palazzo Fortuny

               La  musica  ricominciava  con  uno  strano  personaggio  che  vagabondava
               tranquillo  da  un  capo  all'altro  dell’immenso  salone.  La  luce  filtrava,
               dorata, attraverso gli ampi finestroni ogivali.
               Si avvicinò: alto, flessuoso, portamento elegante, indossava un prezioso
               caffettano di seta, ai piedi babbucce di velluto tempestate di piccole perle.
               Sotto l’enorme turbante, occhi azzurri, vivissimi, si fusero con i miei.
               Mi porse il braccio, fluidissima la musica, e iniziammo a danzare in ampi
               cerchi nello spazio levigato di intarsi marmorei. Nel giardino d’ Inverno, ci
               avvolsero  i  profumi  dipinti.  Ci  fermammo  davanti  al  busto  marmoreo  di
               Wagner,  che  ci  sorrise.  Ad  un  suo  cenno  le  dame  ritratte  lungo  ogni
               parete uscirono, animate, dalle tele e si unirono in girotondo alla nostra
               danza…
               Un battito di mani improvviso fermò l’incanto: le eteree figure rientrarono,
               lievi,  nelle  loro  cornici  dorate  e  palazzo  Fortuny  rimase  nella  sua  quieta
               oscurità.





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