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Vinicio
La musica ricominciava con uno strano personaggio che vagabondava
tranquillo da un capo all'altro della mostra. A me piaceva quella figura dai
capelli grigi spettinati, alcuni raccolti dietro, altri scivolati ai lati del viso,
in risalto sul nero, tutto nero il vestito.
Ogni tanto un suono, delicato sonaglio, si diffondeva nella sala luminosa:
tintinnavano i vari bracciali colorati al suo polso.
La musica taceva per lasciarlo libero nella danza.
Dimenticai Manet amato, affascinata da lui, sfoggio di elegante
leggerezza.
Seguivo i delicatissimi suoi volteggi: spariva e ricompariva da una sala
all’altra, ai piedi nulla.
E vedendomi incantata da quel suo danzare si presentò: Vinicio, solo per
lei.
Dovrò tornare alla mostra, per il mio pittore.
Oche
In campagna, un lungo filare di viti, intervallato da rose, conduceva a un
casolare.
Mi stavo perdendo tra i vitigni ancora giovani e le rose bianche odorose e
delicate. Intorno silenzio. Poi lo sguardo vide un casolare isolato; in fretta
lo raggiunsi e i cani legati iniziarono ad abbaiare e un bambino si svegliò e
mi guardava, steso su una panchina: tra le braccia una piccola giraffa dal
collo lungo lungo. Me la tese, la presi sorridendogli e iniziai a raccontargli
la mia favola preferita.
La nonna dalla porta ci
lasciava fare. Il bimbo si alzò
e per mano andammo nel
recinto delle oche chiassose
che sbattevano le ali. I cani
ricominciarono ad abbaiare, a
ringhiare, le oche a
starnazzare, due gattoni si
azzuffavano, le faraone si
alzarono in volo tutte insieme
fruscio forte nell’aria, il
piccolo si impaurì e
strappandomi la giraffa dalle
mani, urlando piangendo se
ne tornò di corsa dalla nonna.
Sola non seppi più che fare.
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