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ELEONORA CALLEGARI
“Nizioletto”
Camminava adagio guardandosi attorno nella calle ancora bruna per
l’acqua alta. Le mura mangiate dal tempo, custodi storiche, mostravano
pietre striate d’alghe verdastre. In alto fra i balconi asimmetrici, guardava
il “nizioletto”, la targa dipinta con il nome della calletta. Le case
appoggiate una sull’altra apparivano salde, ormeggiate sul
canale mormorante e sparso d’oro; i ponti allungavano le braccia per far
passare l’acqua muschiata, tra pali a torciglione rosa, dal cappello lucente,
sullo sfondo di arcate bianche. I palazzi immerlettati, le cupole, le
gondole… Questa era Venezia città specchiata, dipinta e perlata, che mai
avrebbe dimenticato.
L’olio
La stazioncina faceva scendere quasi direttamente tra gli ulivi. Dalla
costruzione in mattoni, l’accarezzava lo sguardo curioso di un roseo mirto
crespo, a mitigare il grigiore del suo cuore.
Affetti nascosti nel bagaglio, il futuro incerto nell’eredità di zia Caterina:
una campagna incolta, una casa annosa e sciupata e, in file ordinate, gli
anziani della terra brulla: tronchi rugosi e vitali, le chiome d’argento
generose di frutti per il frantoio pesante, a pietra.
Tanto lavoro, solo due braccia… Poi, l’aiuto nel largo sorriso di un giovane.
E tutto fu facile. Tornarono gli affetti e nacque una grande famiglia.
Produciamo olio, fluido dorato di felicità.
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