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La morte del padre e la morte di Dio:
la crisi di fine Ottocento
di Silvia Rizzo PIANETAUTL | CULTURA E VITA
Non ci sono più i valori di una volta” è un
mantra dei nostri tempi! Sono crollate tut-
“ te le certezze, i punti fermi, le istituzioni! Il
relativismo è dominante! Tutto è diventato “flui-
do”! Tutto è possibile! Questo il sentire dei nostri
tempi ma se andiamo indietro nel tempo sco-
priamo che molti autori hanno raccontato que-
sto senso di angoscia dinanzi alla fine delle cer-
tezze, alla crisi dei fondamenti. Uno tra tutti Do-
stoevskij che già intorno al 1870/80 aveva
chiara coscienza della crisi dei valori ottocente-
schi e si candida come autore che anticipa la
modernità, a padre del decadentismo, denun-
ciando l’Occidente, responsabile del disorienta-
mento e spaesamento dato dalla fine del princi-
pio di autorità. Freud parlerà di disagio della ci-
viltà per l’azzeramento del vecchio sistema di
valori, per la fine della metafisica, dell’episteme
per una visione del mondo in cui prevalgono
l’individualismo, l’egoismo, il cinismo, l’edoni-
smo, e gli interessi individuali.
Soprattutto la sua ultima opera, I fratelli Karama-
zov sono modello di riferimento della disinte-
grazione dei fondamenti. Un genio Dostoevskij
che si pone come uno psicanalista ante litteram
perché ci racconta della conflittualità padre–
figli e del complesso edipico ben prima che
Freud lo elaborasse. È nicciano prima di Nie-
tzsche perché anticipa la trasvalutazione dei va-
lori e la morte di Dio. È figlio di Kierkegaard di desiderare la morte del padre e a svelare il pro-
Aut Aut, in quanto consapevole che gli uomini prio lato più istintivo e passionale. Addirittura
provano angoscia dinanzi alla necessità della Ivan cadrà in delirio nel suo dialogo con il diavo-
scelta. Ma è anche padre di Fromm e della sua lo che lo porterà ad impazzire e a cadere preda
teoria di fuga dalla libertà perché afferma che di una “febbre cerebrale”. È uno scrittore realista
gli uomini non vogliono il fardello della libertà. perché ci dipinge la realtà e la società russa an-
Il grande inquisitore sosterrà che loro amano gli che negli aspetti più degradati, ma è anche un
uomini perché hanno tolto la libertà agli uomi- esistenzialista perché ci racconta l’assurdo
ni, ingannandoli e assoggettandoli come docile dell’esistere: se niente è certo, c’è la coscienza
gregge, alleggerendoli, in tal modo, dal peso del vuoto esistenziale perché niente ha senso.
della responsabilità. Dirà un personaggio “Tutto mi ripugna. Non vo-
La modernità e l’attualità di Dostoevskij, quindi, glio vivere, tutto mi ripugna, tutto, tutto mi ripu-
è palese in ogni piega della sua opera. E’ un ra- gna! …non amo nessuno, nessuno, al contrario
zionalista perché disserta e argomenta su que- li odio!»
stioni filosofiche e teologiche, ma i suoi perso- Nutrita, quindi, di pessimismo ontologico e an-
naggi sono intrisi di irrazionalità e ognuno di tropologico la sua opera è pervasa dal nichili-
loro cade in preda degli istinti più malvagi fino a
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