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tutto il pianeta.
In tutta la fase pre-industriale della sua esistenza
l’uomo ha modificato l’ambiente (coltivando, co-
struendo città, disboscando, deviando e irreggi-
mentando i fiumi ecc.) ma le sue modifiche non
sono mai state irreversibili. Solo dopo la rivoluzione
industriale le modifiche all’ambiente determinate
dal lavoro dell’uomo sono diventate permanenti, ir-
reversibili: si pensi solo all’immissione di CO2 per
effetto dei combustibili fossili, all’aumento della
temperatura, a fenomeni quali la desertificazione o
lo scioglimento dei ghiacci, o alla riduzione della
biodiversità e all’acidificazione dei mari.
Ecco, antropocene è il termine che designa questa
fase della storia della Terra nel tempo dell’umanità e
in particolare nell’epoca in cui la presenza dell’uma-
no è diventata distruttiva.
Nessuna specie ha trasformato la Terra quanto la specie umana in termini di mutamento ambien-
tale, modifica della composizione dell’atmosfera, trasformazione del suolo, immissione
nell’ambiente di sostanze artificiali tossiche come la plastica, i pesticidi, le scorie radioattive…
Questo ci deve far riflettere sul fatto che il nostro presente è già un’anticipazione del futuro possi-
bile: viviamo in un tempo speciale, del tutto nuovo rispetto al passato: il presente precipita sempre
più velocemente verso un futuro che appare buio, se non addirittura impossibile. Ci portiamo così
alle soglie del terzo termine che dobbiamo ripensare.
PIANETAUTL | DOSSIER IL PIANETA NON PUÒ ATTENDERE
FUTURO
Può sembrare strano ma anche il tempo ha una sua storia. Gli antichi lo pensano essenzialmente
secondo un modello ciclico ispirato all’alternarsi del giorno e della notte, al susseguirsi delle sta-
gioni. I moderni invece sono spinti a pensarlo piuttosto in una forma lineare, perfettamente misu-
rabile, fondamento delle attività lavorative, e di quelle economiche, unità di misura strettamente
collegata al denaro. È in questo contesto che nasce il concetto di futuro come destino collettivo, e
non più solo individuale com’era invece per gli antichi. E se quello individuale non è in alcun modo
prevedibile, la caratteristica del futuro collettivo è quella di essere, almeno in parte, prevedibile at-
traverso un’analisi attenta del presente. È quello che si tenta di fare con l’idea ottocentesca del pro-
gresso, ma è quello che tentano anche scrittori e filosofi elaborando prospettive utopiche o disto-
piche.
Oggi la previsione del futuro collettivo è affidata soprattutto ai cosiddetti future studies, una disci-
plina il cui obiettivo è quello di anticipare i grandi cambiamenti sociali, tecnologici, culturali, della
civiltà, attraverso la delineazione dei megatrend, cioè le linee di sviluppo, gli scenari possibili del
futuro.
MEGATREND
Nato negli anni ’80, il termine indica le tendenze e le evoluzioni in atto, capaci con la loro forza, di
modificare, sul lungo periodo, non solo le economie mondiali ma anche le società a livello globale.
I megatrend sono tendenze complesse in grado di produrre cambiamenti significativi spesso legati
a fattori strutturali come demografia, ambiente, innovazione scientifica e tecnologica, mentalità…
L’Unione Europea ha individuato 14 megatrend, cioè 14 tendenze decisive rispetto al futuro del
pianeta. Le elenco sinteticamente: la diversificazione delle disuguaglianze, cioè l’approfondirsi del
divario tra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri; i cambiamenti climatici e il degrado
ambientale; l’aumento dei flussi migratori sempre più incontrollati; l’aumento del consumismo, ten-
denza già oggi devastante almeno nei paesi dell’occidente ricco; la diminuzione delle risorse dispo-
12 Ottobre 2024