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erano spuntati ventimila. Di quei ventimila, contava di perderne ancora la metà, a causa dei roditori
o di tutto quel che c'è di imprevedibile nei disegni della Provvidenza. Restavano diecimila querce
che sarebbero cresciute in quel posto dove prima non c'era nulla. Elzéard Bouffier, questo il suo
nome, aveva posseduto una fattoria in pianura. Aveva vissuto la sua vita. Aveva perso il figlio unico,
poi la moglie. S'era ritirato nella solitudine dove trovava piacere a vivere lentamente, con le pecore PIANETAUTL | ATTUALITA
e il cane. Aveva pensato che quel paese sarebbe morto per mancanza d'alberi. Aggiunse che, non
avendo altre occupazioni più importanti, s'era risolto a rimediare a quello stato di cose e che, se Dio
gli avesse prestato vita, ne avrebbe piantate tante altre e che quelle diecimila sarebbero state come
una goccia nel mare. [...]
[...] L'anno seguente, ci fu la guerra del '14, che mi impegnò per cinque anni. Finita la guerra, Ripre-
si, quindi, la strada di quelle contrade deserte. Il paese non era cambiato. Tuttavia, oltre il villaggio
abbandonato, scorsi in lontananza una specie di nebbia grigia che ricopriva le cime come un tap-
peto. Elzéard Bouffier era in ottima forma. Aveva cambiato mestiere. Gli erano rimaste solo quattro
pecore ma, in cambio, possedeva un centinaio di alveari. Si era sbarazzato delle bestie che mette-
vano in pericolo i suoi alberi. Non s'era per nulla curato della guerra. Aveva continuato imperturba-
bilmente a piantare. [...]
[...] Le querce del 1910 avevano adesso dieci anni ed erano più alte di me e di lui. Lo spettacolo era
impressionante. Passammo l'intera giornata a passeggiare in silenzio per la sua foresta. Misurava
undici chilometri nella sua lunghezza massima. Se si teneva a mente che era tutto scaturito dalle
mani e dall'anima di quell'uomo, senza mezzi tecnici, si comprendeva come gli uomini potrebbero
essere altrettanto efficaci di Dio in altri campi oltre alla distruzione. [...]
[...] Ridiscendendo al villaggio, vidi scorrere dell'acqua in ruscelli che, a memoria d'uomo, erano
sempre stati secchi. Era la più straordinaria forma di reazione che abbia mai avuto modo di vedere.
Con l'acqua erano riapparsi anche i salici, i giunchi, i prati, i giardini, i fiori e una certa ragione di
vivere. [...]
[...] La trasformazione era avvenuta così lentamente che era entrata nell'abitudine senza provocare
stupore. Chi avrebbe potuto immaginare, nei villaggi e nelle amministrazioni, una tale ostinazione
nella più magnifica generosità? [...]
[...] A partire dal 1920, non ho mai lasciato passare più d'un anno senza andare a trovare Elzéard
Bouffier. Non l'ho mai visto cedere né dubitare. Eppure, Dio solo sa di averlo messo alla prova! Un
anno aveva piantato più di diecimila aceri. Morirono tutti. [...]
[...] Ho visto Elzéard Bouffier per l'ultima volta nel giugno del 1945. Aveva ottantasette anni. Avevo
ripreso la strada del deserto, ma adesso, nonostante la rovina in cui la guerra aveva lasciato il paese,
c'era una corriera che faceva servizio tra la valle della Durance e la montagna. Mi parve che l'itine-
rario mi facesse passare in posti nuovi. Ebbi bisogno del nome di un villaggio per concludere che
invece mi trovavo proprio in quella zona un tempo in rovina e desolata. La corriera mi depositò a
Vergons. Nel 191 3, quella frazione di una dozzina di case contava tre abitanti. Ora tutto era cam-
biato. Invece delle bufere secche e brutali che mi avevano accolto un tempo, soffiava una brezza
docile carica di odori. Un rumore simile a quello dell'acqua veniva dalla cima delle montagne: era
il vento nella foresta. Infine, cosa più sorprendente, udii il vero rumore dell'acqua scrosciante in una
vasca. Vidi che avevano costruito una fontana. La speranza era dunque tornata. La frazione contava
ormai ventotto abitanti, tra cui quattro giovani famiglie. Le case nuove, intonacate di fresco, erano
circondate da orti in cui crescevano, mescolati ma allineati, verdure e fiori, cavoli e rose, porri e boc-
che di leone, sedani e anemoni. Era ormai un posto dove si aveva voglia di abitare. [...]
[...] Quando penso che un uomo solo, ridotto alle proprie semplici risorse fisiche e morali, è bastato
a far uscire dal deserto quel paese di Canaan, trovo che, malgrado tutto, la condizione umana sia
ammirevole. [...]
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