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raccontata da Carpaccio con sottile sensibili-
                                                                   tà psicologica e sublime fascino immaginati-
                                                                   vo e descrittivo, con grande probabilità ispi-
                                                                   rata dal Proemio del Decameron di Boccaccio.
                                                                   Il grande storico inglese John Ruskin ne fu ra-
                                                                   pito tanto da considerare le Dame “il quadro
                                                                   più bello del mondo”.
                                                                   Diversamente dall’esposizione a Washington
                                                                   – la prima dedicata a Carpaccio in America –
                                                                   quella di Venezia potrà rimandare a itinerari
                                                                   cittadini per approfondire l’essenziale capito-
                                                                   lo  dei  grandi  cicli  narrativi,  in  particolare
            PIANETAUTL | FUORI LE MURA
                                                                   quello della Scuola dalmata dei Santi Giorgio
                                                                   e Trifone ancora nella sede originaria mentre
                                                                   è veramente un’occasione sprecata non poter
                                                                   visitare il Ciclo di Sant’Orsola conservato alle
                                                                   Gallerie dell’Accademia attualmente non visi-
                                                                   tabile per motivi di inagibilità della sala per
                                                                   lavori di manutenzione. In mostra possiamo
                                                                   però ammirare l’intero ciclo della scuola de-
                                                                   gli Albanesi (1502-1508 ca.) quella comunità
                                                                   di immigrati da una terra pesantemente mi-
                                                                   nacciata e invasa dai Turchi ottomani e stori-
                                                                   camente  legatissima  alla  Serenissima,  che
                                                                   avevano costruito la loro piccola sede presso
                                                                   la  chiesa  di  San  Maurizio,  dove  intorno  al
                                                                   1502 Carpaccio venne invitato a realizzare la
                                                                   decorazione con un ciclo dedicato alla Vergi-
                                                                   ne, principale ed identitario culto devoziona-
                                                                   le albanese. I sei episodi seguono la narrazio-
                                                                   ne, ricca di particolari aneddotici, ispirata ai
                                                                   Vangeli apocrifi contenuta nella duecentesca
                                                                   Leggenda  aurea  del  domenicano  Jacopo  da
                                                                   Varazze Le tele rimasero nella sala superiore
                                                                   della Scuola fino alla requisizione napoleoni-
                                                                   ca del 1806, quando il ciclo fu smembrato tra
                                                                   gallerie pubbliche di Venezia, Milano e Berga-
                                                                   mo.
                                                                   Del 1516, oramai l’attività tarda di Carpaccio,
                                                                   sono  esposte  in  mostra  due  straordinarie
                                                                   opere il Leone di San Marco e il San Giorgio
                                                                   e il drago (in copertina). Il leone marciano è
                                                                   da  sempre  simbolo  e  immagine  di Venezia.
                                                                   Qui è raffigurato “andante”, cioè in cammino,
                 separate  in  circostanze  sconosciute  verso  con  le  zampe  anteriori  sulla  terraferma  e  le
                 la fine del Settecento, riformano la contur- posteriori  nell’acqua:  allusione  esplicita  ai
                 bante  scena  in  cui  due  nobildonne  vene-     domini di terra e di mare della Repubblica. La
                 ziane  sono  in  annoiata  attesa  del  ritorno  tela  proviene  da  un  edificio  pubblico  dello
                 dei mariti dalla caccia in laguna. Elegantis- Stato, il palazzo dei Camerlenghi a Rialto. La
                 sime, stanno oziando su un balcone popo- funzione  allegorica  della  complessa  figura-
                 lato da cani, uccelli, piante e varie altre pre- zione fornisce un duplice ritratto della città,
                 senze concrete e realistiche ma che racchiu-      incarnandone le caratteristiche fisiche e quel-
                 dono un alto significato simbolico. Una storia  le  culturali  e  morali,  rappresentate  dalla

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