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MARILENA BABATO
Solitudine
Camminava adagio, guardandosi attorno, nella calle ancora bruna per
l’acqua alta: masegni scivolosi, mattoni rossastri corrosi dalla salsedine,
porte sbarrate da paratie imbullonate, passerelle accatastate in attesa
della marea e poi… serrande abbassate dal Covid, odierna peste.
Su un muro una linea bruna segnava il limite raggiunto da un’”aqua
granda”. Nell’aria un persistente odore di acqua morta.
Mario si avvicinava, solitario, alla Prefettura: aveva un appuntamento per
autenticare un documento e far giungere in Italia una pensione, tanti gli
anni all’estero.
Tenuto a distanza, fuori dal palazzo, tra due poliziotti mascherina e
guanti, aspettò di concludere per subito rintanarsi nel suo guscio.
Invito
La stazioncina faceva scendere quasi direttamente tra gli ulivi: secolari,
enormi, contorti, spaccati, drammatici, crescevano in ordine sparso. Il
binario secondario passava lontano dal centro storico, arroccato sulla
collina.
Guido lo aveva invitato per Natale nella sua casa di famiglia; egli,
inurbato di ultima generazione, conservava profondo rimpianto per l’isola
felice dove il suo cognome era antico quanto il paese.
Dal camino grande, crepitio festoso tra i solidi muri di pietra, si
spandevano stuzzicanti gli aromi.
Dalla finestra gli occhi si perdevano giù per il declivio: le ampie chiome
degli ulivi si agitavano, onde argentate e variate su sfondo verdastro.
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