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MARIA ROSARIA ARIENZO
L’amico di carta
Camminava adagio guardandosi attorno nella calle ancora bruna per
l’acqua alta. Fra i lastroni lucidi, pezzi di cielo turchino si riflettevano
nell’immote pozzanghere. Un vento umido percuoteva le barche
ormeggiate, scompigliava i capelli.
3540, dipinto in rosso nell’ovale bianco; pesante, il portone in legno era
chiuso.
Suonò il campanello di ottone annerito, con scatto metallico l’uscio si aprì
e l’anziana signora lo accolse illuminandosi in volto.
Prese il libro dalle sue mani, lo accarezzò, lo annusò, lo strinse al petto.
“Grazie”, avrò compagnia fino alla prossima settimana!”
Nostalgia
La stazioncina faceva scendere quasi direttamente tra gli ulivi.
Ci accolsero i grossi tronchi nodosi, i vecchi amici fedeli dalle cangianti
chiome argento.
Seguii la mamma che imboccava svelta il viottolo tra gli alberi. Lei
portava dritta la pesante valigia; io, a fatica, trascinavo la borsa regali per
i cugini.
Un breve tragitto per la casa di famiglia, scrigno dei miei più cari ricordi
d’infanzia.
La nonna era nell’orto, china sui pomodori, il nastro blu del mare alle sue
spalle e respirai i profumi di sugo, di salsedine e di leggera felicità, da
anni socchiusi.
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