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Sguardi diversi



                 A cura di Marina Nostran

            PIANETAUTL
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                        guardi diversi è il titolo del percorso di lettura proposto, nel primo trimestre dell’a.a.
                        2021/22, al gruppo iscritto al corso Lettura condivisa. L’intento era quello di analizzare qual-
            DALLE
                 S che romanzo, appartenente alla produzione letteraria contemporanea italiana e non, che
                 mettesse in risalto figure femminili attorno cui si svolgeva la vicenda narrata.
                 La scelta è caduta su Accabadora di Michela Murgia, Mal di pietre di Milena Agus, Le rondini di
            CLASSI
                 Kabul di Yasmina Khadra.
                 Diversi per ambientazione, ma accomunati dalla presenza di una società arcaica, come ad esem-
                 pio in Accabadora, o che fatica ad evolversi, come nel caso di Mal di pietre, tutti i romanzi suggeriti
                 hanno dato luogo ad interessanti riflessioni condivise nel corso degli incontri.
                 Di seguito, le recensioni delle opere lette proposte dalle corsiste.







                   Accabadora di Michela Murgia a cura di Marina Borghetto


                                                       ai lettura è stata così attuale: infatti proprio in questi giorni
                                                 M si sta discutendo in Parlamento sul diritto al suicidio medi-
                                                 calmente assistito ed è proprio questo il tema principale e tra-
                                                 sversale del libro: l’eutanasia.
                                                 Non so quanto ci sia di vero in questa figura ancestrale dell’acca-
                                                 badora, colei che accompagnava dolcemente le persone soffe-
                                                 renti nell’ultimo viaggio, e che in una società molto chiusa come
                                                 quella sarda era accettata dalla comunità come risoluzione ulti-
                                                 ma della vita.
                                                 La scrittrice sarda affronta questo tema con molto garbo e con
                                                 una scrittura fluida, che ti abbraccia e ti fa entrare nella solitudine
                                                 della protagonista. Il romanzo, attraverso le vicende di Maria, ci
                                                 catapulta negli anni Cinquanta del secolo scorso, periodo in cui
                                                 non esisteva alcuna legge su questo tema, non c’erano regole,
                                                 ma solamente usanze e superstizioni che, seppur tramandate
                                                 solo verbalmente, erano divenute consuetudini saldamente rico-
                                                 nosciute dall’etica comune.
                 Nel romanzo emerge la figura della donna: è colei che dà la vita e perciò solo una donna - l’acca-
                 badora appunto - la può anche togliere, come ultima madre che aiuta con un atto di pietà chi vuo-
                 le smettere di soffrire, portando sotto i suoi vestiti neri questo fardello emotivo pesantissimo.
                 Nella società attuale - la vogliamo chiamare “evoluta”? - ci troviamo ancora a discutere sul testa-
                 mento biologico, sulla liceità o meno di poter aiutare chi si trova in condizione fisica irreversibile
                 di sofferenza.
                 Ci deve far riflettere ciò che l’ Accabadora dice a Maria: “Non dire mai di quest’acqua io non ne
                 bevo”. Infatti, quando alla fine Maria si trova ad un bivio, a dover scegliere, lei sceglie l’atto d’amo-
                 re, ma la sorte la precede di un soffio.
                 Il romanzo della Murgia lascia quindi alla sorte la risoluzione del problema, ma sollecita un’inter-
                 rogazione su questo tema così complesso. E io la mia risposta ce l’ho: quando la persona a cui sei
                 legato profondamente si trova in una condizione priva di ogni dignità, priva del senso di vivere,
                 un atto di coraggio ponderato e preso con coscienza diventa necessario.



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