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Il nostro spazio quotidiano
di Stefano Zampieri PIANETAUTL
utti noi abitiamo uno |
spazio quotidiano, quel-
T lo che si apre ogni mat- CULTURA
tina, scendendo dal letto, lo
spazio di una casa ad esempio. E
Quello che si spalanca fuori
della porta, quel mondo nel VITA
quale operiamo, siamo presen-
ti, siamo di passaggio; tutti
quei luoghi nei quali ci inoltria-
mo nel corso dei nostri sposta-
menti, dentro lo spazio città.
Sono per lo più luoghi che co-
nosciamo, spazi familiari, nei
quali di norma sappiamo rico- Via Palazzo
noscere certi punti di riferi-
mento, la strada, il ponte, la ve riconosciamo i segni, dove sappiamo leggere gli spazi, lì sia-
piazza, certe insegne, qualche mo padroni delle pratiche di vita che li costituiscono. E quelle
segnale. pratiche di vita sono nient’altro che la nostra esistenza quotidia-
Lo spazio quotidiano, per chi, na.
come me, vive in una media Esserestranierisignificainnanzituttoproprioquesto:nonorientar-
città europea, è una rete di rife- si immediatamente nella giungla dei segni, aver bisogno di un in-
rimenti facilmente decifrabili, terprete, di un mediatore, e quindi non dominare le pratiche di vita
non vivo in una foresta, non ho di quello spazio che non ci è familiare. Dove si compra il pane a Pa-
la necessità di decifrare i segni rigi? Dove si parcheggia la bicicletta ad Amsterdam? Dove si attra-
della pioggia e dell’arsura, non versa la strada a NewYork?
saprei – e per fortuna non ne Noi invece, nel nostro spazio quotidiano, per lo più, sappiamo
ho bisogno – riconoscere la muoverci, non ci servono mappe, sappiamo com’è fatta la nostra
traccia di un animale, né le cittàe, come la nostra, la maggiorparte diquelle che incontreremo
qualità benefiche o venefiche fin che resteremo nel territorio della nostra comunità.
di una pianta. Appena fuori, come sanno bene i viaggiatori, tutto cambia, e in
Il mio spazio quotidiano – il una città lontana rischiamo di perderci e può succederci di non
nostro – è fatto di segni, per lo comprendere nulla di quel che ci circonda. Per questo amiamo il
più di scritture, e non c’è molto nostro spazio e siamo così attaccati ad esso, per questo non vor-
pericolo che derivi dalla sem- remmo lasciarlo, e se lo lasciamo, bello è tornare, riconoscerne i se-
plice incomprensione perché gni, sentirsi di nuovo a casa. E se si è lontani, la nostalgia…
so, come tutti, leggere le inse- Così come c'è il tempo del lavoro, il tempo della preghiera e il tem-
gne di un negozio, e i marchi po della festa, allo stesso modo c'è lo spazio della festa, lo spazio
dentro una vetrina, e i segnali della devozione, lo spazio del quotidiano e lo spazio del lavoro. I
sulla strada, quelli espliciti, se- nostri spazi sono nettamente distinti. Perché se il tempo dell'uomo
mafori, cartelli, e quelli che antico e in buona parte anche di quello moderno è distinto appun-
vengono dall’esperienza di chi to nei tre momenti del lavoro, della preghiera e della festa, quello
sa come e dove attraversare dell'uomo contemporaneo – il nostro spazio-tempo – prevede an-
una via trafficata, e sa come che quella dimensione tutta moderna e in buona parte incom-
entrare e come uscire da un su- prensibile per l'uomo antico, che è il quotidiano, ovvero ciò che
permercato, e sa mettersi al perviene alla nostra esperienza nel tempo e nei luoghi in cui siamo
posto giusto dentro un distri- nella nostra vita di singoli e di famiglia, quando sostiamo nei nostri
butore di benzina. spazi privati, quando restiamo chiusi in noi stessi,
Ecco, questo è il punto: laddo- fuori appunto del lavoro, della festa e della pre- Segue
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